Si può dire che nacque come figlio del Teatro dei Ravvivati Costanti. Fu infatti edificato nel 1874, proprio attorno al primo nucleo del Teatro stesso, che era stato costruito negli anni 1820-1830.Come si evidenzia dalla planimetria il fabbricato era nato in modo pienamente corrispondente alio scopo, anche se alcune sale erano obbligatoriamente, di passaggio. Dal piccolo BAR, alia sala per il biliardo delle boccette, alia sala per il biliardo alia stecca tutti prospicienti la piazza del Teatro, si arrivava al salone principale le cui finestre davano sulla piazza del "gioco del pallone". Si proseguiva nell'angolo opposto con la saletta di lettura, per poi accedere ai locali adibiti a magazzino ripostiglio.
II piu frequentato era il salone centrale che serviva da sala da gioco ed in occasione delle feste, da sala da ballo. Aveva due ballatoi contrapposti, uno dei quali serviva per 1'orchestra e l'altro per quei componenti delle famiglie che non prediligevano le danze.
Quest'ultimo era il regno delle mamme, intente ad ammirare le proprie figlie ed a criticare le figlie degli altri. In occasione di queste feste venivano aperte le porte comunicanti con il secondo ordine dei palchi del Teatro, per dare piu aria all'ambiente
e piu spazio ai presenti. Devo confessare e so di non essere stato il solo, ad avere la possibilita di
appartarsi in qualche palco lontano, magari al primo o al terzo ordine, con una gentile donzella in
"incontri molto ravvicinati". Questi erano doppiamente gradevoli, in quanto non potevano essere
frequenti, in primo luogo per l'acerrima guardia dei familiari ed anche per la ritrosia delle fanciulle,
dotate di una educazione piuttosto puritana. Si poteva cosi dare sfogo liberamente a tante inibizioni
certamente soppresse.
Quel che e certo e, che nella penombra dei corridoi si incontravano altre coppiette e nessuno voleva
sapere niente dell'altro.
Abbiamo diverse fotografie nelle quali si evidenzia l'interesse per la festa, con la sala gremita di
ballerini, signore e signorine in abiti da sera e signori in smoking e talvolta in frac. Erano molto ambiti
gli inviti che i soci del circolo potevano inviare a residenti o ad amici o parenti di altre cittadine. D
comportamento era molto discreto, senza che venisse meno l'allegria. Verso la mezzanotte veniva
aperta la zona riservata al ripostiglio, molto ampio, ed essendo stato opportunamente attrezzato si
presentava oltremodo accogliente. In grandi tavolate imbandite veniva servita una cena che dava luogo,
come di consueto avviene a tavola, a nuove conoscenze, a scambi di complimenti, a piu stretti rapporti
fra coppie, talvolta con inevitabili, successivi, fruttuosi incontri.
Le feste da ballo, non erano troppo frequenti. Si ballava per Carnevale, il martedi grasso, talvolta
anche la domenica o il sabato precedente. Raramente per 1'ultimo dell'anno.
In quanto all'attivita giornaliera del circolo, questa si sviluppava maggiormente nella sala grande,
dove si giocava a carte. Niente giochi proibiti, niente "baccara" o "chemin defer". I maggiorenti
locali del partito al governo erano i piu numerosi soci del circolo e quindi non potevano permettere che
si commettessero infrazioni alia legge, proprio da coloro che dovevano tutelarla. A conferma di quanto sopra vi racconto quanto avvenne verso la fine degli anni trenta. Non si sa come, ne si sa da chi, fu portato un filmino a luci rosse, cosa estremamente pericolosa in quel tempo e che poteva essere visionato solo con 1'ausilio del proiettore del cinema in uso al Teatro. Solo pochissimi furono informati della cosa, che sarebbe avvenuta a notte fonda, ma evidentemente quei "pochissimi" ne avvertirono altri e cosi via. Fatto sta che, nascosti nei palchi, a luci spente, si ritrovarono un centinaio di persone, entrate dalle porte del circolo e non dalla porta principale del Teatro, opportunamente sbarrata. Sapete com'è. Vedere cose proibite non e tanto soddisfacente quanto il raccontarlo. Indubbiamente avevano assistito a qualcosa di eccezionale, per quei tempi. Ed allora, chi poteva farli tacere?
Lo si venne a sapere nelle alte sfere locali. Furono fatte indagini, denunciati i responsabili e celebrate un processo che per le solite lungaggini burocratiche arrivò alla classica amnistia, ma la fedina penale degli indagati resto macchiata per diversi anni, cancellata solo, dopo guerra ed a seguito di numerosi interventi.
In sala da gioco ci si doveva comportare molto civilmente, raramente alzare la voce ne tanto meno dare in escandescenze.
Ricordo pero un episodio che fece scalpore. Frequentava saltuariamente il Circolo il Comandante Evandro Viciani, che abitava in viale Garibaldi. Era Ufficiale di Marina di alto grado, che come ben saprete, vengono qualificati "Comandanti". Era stato insignito dell'Onorificenza di Commendatore dell'Ordine della Corona d' ltalia e gli era stato conferito, inoltre, il titolo di Commendatore dell'Ordine di S.M. Michele I, Re del Montenegro. Era inoltre Ispettore Generale del Ministero della Marina Mercantile. Insomma, un pezzo grosso e quindi di tutto rispetto.
Ministri ed Onorevoli gradivano spesso 1'invito del "COMANDANTE" in occasione di visite nella zona, ospitati nella villetta al Viale Garibaldi. Giornali dell'epoca ce ne riportano addirittura gli avvenimenti. Nel numero del 15 gennaio 1921 de "La Vedetta Senese" si riporta quanto segue: "In questi giorni e, stato fra noi, ospite del Comandante Viciani, S.E. On. LAPEGNA. L'On. Lapegna si e trattenuto fra noi tutto il giorno di ieri 1'altro". Native di Poggibonsi, non disdegnava di fare una partitina a carte con vecchi amici, alle Stanze.
In una di queste partite, può darsi che qualcuna abbia alzato la voce o abbia imprecate in qualche modo. II che non si doveva fare, specie di fronte al Comandante Viciani, che si alzo e qualificandosi ancora una volta, come se ce ne fosse stata la necessita, stava per andarsene. "Comandante" qui, "comandante" la a quel punto il suo interlocutore sbotto a sua volta: "Comandante si, ma del Borro delle Pancole". II seguito ve lo lascio immaginare.
La rinomanza del Circolo e dei suoi componenti non poteva non generare gelosie, pettegolezzi e maldicenze. Ne abbiamo una prova nei ricordi di un vecchio socio del Circolo. Infatti nelle memore del Dott. Guido Pieraccini, si parla di una poesia scritta da un ignoto nei 1874, anno di istituzione del Circolo. Da ricerche effettuate sembra che questa poesia sia stata scritta da un certo "Baldassino", personaggio dell'epoca che si dilettava a ridicolizzare e schernire chiunque si metteva in evidenza. Devo dire pero, che questo fantomatico Baldassino e stato da me, individuate, in quanto si tratterebbe di Baldassarre Cappelli, proprietario del "Caffè della Ferrovia", più bettola che caffè vero e proprio, che fu ceduto ai primi del '900 a Orazio Fornai e che divenne cosi il "Bar Orazio". Nelle note di Baldassino non potevano quindi essere esclusi i soci del circolo, che oltre tutto erano i maggiorenti del paese, per ceto, per incarichi amministrativi, per cultura o per quanto altro. Mi piace riportare alcuni brani, i piu pungenti e i piu simpatici, se vogliamo.
Sono le considerazioni di un popolano, che pero e vicino a qualche gruppo degli stessi soci, pettegoli anch'essi e divertiti alle spalle di altri. Era la mentalità del tempo fare e ricevere burle di vario genere, senza per questo adombrarsi o inimicarsi qualcuno. Magari erano botte e risposte. Vi erano dei veri e propri centri dove si studiava, vorrei dire scientificamente o quasi, scherzi talvolta tremendi, ma giammai pericolosi o deleteri. I negozi di barbiere erano tra questi. Era il punto classico di ritrovo dei nulla facenti. Era una fonte inesauribile, in quanto chi non ha niente da fare, tende a rompere 1'anima a chi lavora. Altri centri erano le sartorie, numerose in paese, stante il fatto che i vestiti si facevano esclusivamente su misura, mentre per la chiacchiera, direi quella più terra-terra, era compito dei numerosi ciabattini, anch'essi impegnati a confezionate scarpe su misura.
Proprio uno di questi sarti, viene citato nella poesia di Baldassino. Si tratta di Guglielmo Guidi che aveva bottega in via Maestra, scendendo a destra e veniva riconosciuto come il ritrovo preferito per la discussione di politica e di amministrazione comunale. Ci dice Baldassino:
Hanno fatto a Poggibonsi
Non ve le passo tutte; preferisco osservare le note a fianco del versi, note chiaramente esplicative. Vi si parla di "Brizzone" chiara allusione a Egisto Brizzi, che si dice, fosse il mandante dell'uccisione di una fattoressa, delitto avvenuto a colpi d'accetta. Egisto ed il fratello Fortunate, gestivano ima mesticheria, fecero una notevole fortuna, patrimonio che fu poi ereditato dall'Ospedale di Poggibonsi. Si parla del manigoldo del Suali e cioè di Pellegro Suali (nonno dell'aviatore Pellegrino Suali, morto il giorno prima della fine della guerra 15-' 18 ed al quale e stata dedicata una via cittadina) "villanzone animalaccio" che fu fattore della fattoria di Montemorli, di proprietà Bonelli-Vanni, che mise in piedi, forse la prima Casa Vinicola di Poggibonsi, poi passata ai Soderi, ma che viene ricordato come colpevole della morte di un figliolo a causa di un incendio.
Come si vede, non si tenevano tanto sul leggero in alcuni casi, come quelli che abbiamo citato. Si calunnia un certo Rag. Pejrani, amministratore corrotto della Banca Popolare, Banca che non ebbe troppe fortune e causo con il suo fallimento perdite notevoli anche a piccoli risparmiatori locali. Proprio a proposito di questo Signore, se "la calunnia e un venticello", in questo caso scateno veramente un uragano addirittura tragico. Nel libro del Mori che parla di economia Valdelsana si legge che fra gli anni '80 e '90 si susseguono, con ritmo impressionante, irregolarita finanziare nella Banca Popolare di Castelfiorentino, Colle e Poggibonsi. Occorre ricordare che tali banche erano dirette emanazioni delle Società di Mutuo Soccorso, costituitesi in molti paesi della Valdelsa, per iniziativa popolare, in soccorso, appunto, dei più bisognosi. Evidentemente i più bisognosi erano proprio gli amministratori. II Segretario Ragioniere della Banca di Poggibonsi si rese responsabile di prelevamenti personali non autorizzati di oltre 100.000 Lire e nella poesia di Baldassino lo si bolla con:un locale per le Stanze Per chiappare tutti i gonzi invitandoli alle danze. II Maestro ha fatto chiasso e Guglielmo ha proseguito che il paese di tal passo sarà presto incivilito.
Quel chiodista di Gastone
Occorre una piccola spiegazione di questi versi. II Gastone citato non e altro che il Rag. Gastone Pejrani, primo impiegato comunale ed amministratore della Banca Popolare. Allora, come detto poco più avanti le Società di Mutuo Soccorso erano gestite dai Comuni ed ecco quindi le
due cariche nella stessa persona. Nell' ultimo verso si allude allo stemma comunale. Ed ecco il tragico a cui alludevo. II giornale "La Martinella" del 1° settembre 1889 riporta: // dramma di Poggibonsi.
Nella notte dal 23 al 24 corrente, il paese di Poggibonsi veniva funestato da un dolorosissimo fatto. II Segretario Ragioniere della Banca Popolare suicidavasi in una casa di un contadino posta in Fortezza con un colpo di revolver all'orecchio. II colpo non produsse la morte istantanea, la quale pero avvenne nelle ore antimeridiane del sabato 24. II suicida e un reduce, Gastone Pejrani, che godendo della
gingillando questo e quello Ha ripieno il suo budello Colle palle del Leone. fiducia illimitata degli amministratori della Banca si era permesso di commettere falsificazioni e sottrazioni per la somma approssimativa di 100.000 Lire. Anche molti privati che si servivano dell'Opera sua, sono stati danneggiati. Col suicidio egli s'e fatto giustizia; destano pero compassione i suoi numerosi figli e la vedova, piombati in una situazione cosi drammatica. L'istituto e restate scosso ed alcuni amministratori hanno dovuto pagar cara la loro insipienza, pero il danno e gia stato circoscritto e la Banca, merce il valido aiuto dei numerosi capitalisti del paese, riprenderà il suo regolare andamento." Erano pettegoli, ma anche indovini. Si calunnia poi il Maestro Pandolfi che sarebbe stato, addirittura, figlio naturale del Prete Caianni, della curia di Linari. Questioni di donne erano inevitabili come quella accaduta al Dott. Ottaviano Pieraccini, aggredito a suon di bastonate da uno della famiglia Cipriani, allora proprietaria della Rocchetta. Del Maestro Gaetano Ferruzzi si dice:
Quel buristio gonfio gonfio
Si critica il fatto che alle Stanze non era permesso ballare in giacchetta. E quindi pensabile che occorreva fornire il guardaroba perlomeno di uno smoking. E non tutti se lo potevano permettere. Si parla di Chiocche (Ramerini), del Dott. Giovanni Maccanti e di Mondocane(?). La poesia termina come un finale di fuoco d'artificio, i classici topi matti:Ciuco, ciuco di maestro Con quel muso di coglione Del paese ha I'istruzione.
Falliti e ladri
E uno spaccato del modo di vivere all'epoca dell'apertura del circolo, ma in tempi in cui lo frequentavo,
in generale si osservava un certo autocontrollo. Era molto evidente il rispetto che dovevano i giovani,
nei confronti delle persone più adulte. E questi giovani, fra i quali il sottoscritto, potevano mettersi al
tavolo a giocare, con una certa liberta, solo nelle prime ore del pomeriggio. Dopo le cinque era
consigliabile lasciare il campo ad altri meno giovani. Un ricordo dovuto al barista, che faceva di tutto
per poterci servire un buon caffè anche in periodi in cui era difficilissimo reperirlo.
Era il simpaticissimo ed unico Gino Niccoli, che tutti chiamavano "OCCHIALI" essendo afflitto da
una miopia non comune, alla quale doveva far fronte, con delle lenti eccezionalmente spesse. Quando
non trovava il caffè, ci somministrava degli strani surrogati, il nome di uno di quelli mi e rimasto
particolarmente impresso. Forse perché il più aborrito ed era "KARKADE EBE", ripeto un surrogate
che dicono venisse dalle nostre colonie. Penso invece che la fabbrica della "VECCHINA" di Ponte a
Elsa, che produceva surrogati di caffè non si sa con che cosa, dico, forse ne sapeva qualcosa. A mio
avviso era impossibile, data la guerra, portare il cosiddetto "Caffè delle Colonie". Si aveva altro da
trasportare, altro che caffè.
La sala di lettura, devo dire, non era molto frequentata, anche se ben dotata di quotidiani, settimanali
e mensili, soprattutto di buon livello. II poco interesse per la lettura non era altro che lo specchio fedele
della cultura dei tempi.
La distruzione del Teatro e la fine conseguente del Circolo delle Stanze, lascio un vuoto
nell'organizzazione culturale e sociale, che subì uno sbandamento traumatico in un periodo cosi difficile
per le conseguenze del conflitto, il susseguente conflitto fra partiti, i rancori personali e le rivalse
politiche e non.
Da allora il centro di raccolta si polarizzo nel "Bar Orazio", che divenne, direi tutto. Caravan serraglio
di idee, incontri di interesse (molte delle aziende nate in paese si idearono ed anche si concretizzarono al Bar Orazio) scontri politici, aggregazioni sportive. Insomma tutta la vita extralavorativa del paese. E criticabile tutto cioè. Non c'era di meglio. Nessuna associazione, nessun partito, cosi divisi fra loro, riuscì a coagulare attorno a qualcosa, gli interessi dei Poggibonsesi. Se ne vedono le conseguenze anche oggi, a distanza di 50 anni. II peggio e, che non se ne vedono neppure soluzioni prossime venture.
Ritornando al "Bar Orazio" sarà bene fare una piccola cronistoria. Esisteva nei primi anni del '900 un piccolissimo caffè, nei pressi del passaggio a livello che si chiamava appunto "Caffè della Ferrovia" ed era gestito da Baldassarre Cappelli, chiamato Baldassino, che ritroviamo come autore dei versi che abbiamo citato nelle pagine precedenti. Nei 1918 acquisto il locale attiguo, molto piu grande, che fino ad allora occupava una mesticheria di proprietà di un Manetti. Questo nuovo locale fu chiamato appunto "Nuovo Bar". Nei 1920, nei giardini pubblici dell'attuale Largo Gramsci, all'altezza del Box dei vigili urbani, fu costruita dal Comune, con brillante idea, una grande terrazza, che anche la banda cittadina usufruiva per i concerti settimanali.
La terrazza attiro enormemente 1'interesse dei cittadini e conseguentemente fu dotata di panchine per un piu comodo passatempo. Fu svolta decisiva per il decollo del "Nuovo Bar", che attrezzo la terrazza con tavoli e quanto altro occorreva per servire bibite, gelati, caffè, ecc., in occasione dei concerti e non solo.
Si ricorda ancora che in occasione dell'inaugurazione di questo complesso con le nuove attrezzature, inaugurazione che avvenne una domenica d'estate, fu realizzato il favoloso incasso di L. 90, eccezionale per quell'epoca. Nei 1940 il figlio Mario assunse la direzione del locale, che cosa eccezionale per quei tempi, restava aperto 24 ore su 24.
La fortuna del locale era quella di trovarsi sulla via Cassia, una delle principali vie di comunicazione fra 1'alta Italia ed il centro Italia come 1'importante richiamo di Roma. Richiamo allettante per camionisti, autisti in genere, cacciatori e pescatori nei periodi di caccia e pesca, viaggiatori italiani e stranieri, affollavano il locale essendo divenuta fermata obbligatoria. E si provvide anche a cambiare un'altra volta il nome al locale che da quell'anno si chiamo "Bar Orazio" in onore al fondatore dell'esercizio. Orazio Fornai mori nei 1954, ma il figlio Mario continue fino al 1965 quando divenne la sede attuale della Cassa di Risparmio. II18 gennaio 1944 era andato completamente distrutto nei bombardamento di quel giorno, ma Orazio si rimbocco le maniche e ricostruì una prima parte provvisoria, che fu ampliata negli anni successivi. La buona volontà e la capacita non sono mai mancate ai due Fornai, padre e figlio. Certo nella storia di Poggibonsi hanno avuto un certo peso. Complimenti.
becchi contenti norcini sudici birri insolenti Ecco i signori e di che taglia che si dividono dalla canaglia. |