Siamo negli anni '20 e '30 ed il gioco del calcio sta prendendo piede ovunque. Ma fino allora, il gioco che aveva dominate la scena sportiva, era, in massima parte il gioco del pallone col bracciale. L'interesse era anche dovuto al fatto che il gioco era strettamente legato alle commesse, che si effettuavano nei campi da gioco, ma soprattutto negli sferisteri delle grandi e medie città. Naturalmente il tutto legato
alla valentia dei giocatori, il che portava, come avviene oggi per i sommi campioni del calcio e come avviene in America per quelli del "Baseball" alla quasi idolatria dei singoli primi attori.
Più avanti tracciando alcuni esempi di vita di questi elementi, vi renderete conto che il gioco cambia, ma 1'esaltazione per i protagonisti e 1'infatuazione delle masse per gli stessi, e sempre uguale.
Credo che qualche cenno storico non guasti per presentare questo nobile gioco. Per approntare una trasmissione di «STRAPAESE» del giugno del 1989, in cui si doveva parlare del gioco del pallone, il Prof. Marcello Pacciani, fece un attento studio ed una accurata ricerca che oggi mi serve come guida su ciò che sto per raccontarvi. Elaboro cioè, quello che il Prof. Pacciani ha riportato in quella trasmissione, di cui conserve la cassetta, a conferma di quanto vi dico. E quindi un grazie di cuore per le notizie, le curiosità ed anche i pettegolezzi che ha potuto rimettere insieme.
Alcuni trattati ci dicono che il gioco del
pallone era conosciuto anche in epoca
Romana, ma e solo intorno al 1500 che viene codificato. Si stabiliscono, cioè, le regole
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Quinto Nigi e Amerigo Leoncini |
precise alle quali si dovevano attenere i giocatori. Lo si può ritenere 1'antenato del «tennis», in quanto
il conto dei punti fu adottato ricalcando proprio il conteggio del gioco del pallone.
Sorsero in molte parti d'Europa, ma specialmente in Francia, Spagna e Italia grandiosi sferisteri o
campi da gioco attrezzati alla bisogna.
La storia ci dice che in Francia, il 20 giugno 1798, gli Stati Generali si riunirono nello sferisterio,
chiamato della «PALLA A CORDA», per dare una nuova costituzione alla Francia.
Ma veniamo a noi ed in particolare a Poggibonsi. Nel maggio del 1802 viene sollevata una questione
a proposito del terreno ove si effettuava il gioco del pallone (da Età Napoleonica, pag. 78).
Secondo il Comune o il Magistrate, quel terreno doveva essere destinato a fiera di bestiame. II
proprietario, di cui non conosciamo il nome, sostiene che da oltre trent'anni ha affittato, quel terreno
ad una società per il gioco del pallone. La società interessata non voleva, d'altronde, recedere dal
contratto ed allora il Magistrate destina la zona della Porta delle Chiavi a fiera di bestiame.
Come si vede, il gioco del pallone esisteva gia nel 1770 e veniva giocato in quel piazzale a ridosso delle vecchie mura ora adibito a posteggio di macchine.
In una corrispondenza di «BONIZIO» sulla «NAZIONE» del 5 maggio 1898, ci fa sapere: «rifiorisce
notevolmente nel nostro paese, l'arte (sottolineato l'arte) del gioco del pallone. Gia da vari anni,
alcuni giovani Poggibonsesi, hanno figurato nelle principali imprese di Firenze, Roma e di Romagna.
Quest'anno poi, ben 10 giocatori sono stati scritturati con le diverse imprese del Regno. (Ecco la
dimostrazione del professionismo). Ne diamo i nomi: Giuseppe Marini, Camillo Moggi, Eugenia
Bilenchi, Lorenzo ed Emilio Nidiaci, Foscaro e Giuseppe Gianni, Luigi Lazzeri, Niccolo Tozzi e
Giuseppe Lotti».
Un cenno alla divisa del giocatore. Probabilmente disegnato intorno al 1700 da un sarto della Reggia
di Francia. Ciò e evidenziato dai pizzi e dai merletti che ricordano tanto 1'abito di aristocratico. Era
composto da un camiciotto bianco, brache bianche strette alla coscia ed al ginocchio, calze bianche e
scarpe, sempre bianche di pelle leggerissima come un guanto. In vita una fusciacca rossa o celeste con
nappe dorate. II bracciale veniva prodotto con legni durissimi. Era famoso un artigiano di Monte S.
Savino, di cui la famiglia Vezzosi ne conserva gelosamente un pezzo.
Altri nomi di Poggibonsesi rimasti famosi nella memoria degli appassionati sono: Vincenzo Bencini
(Braccioni), Carlo Capperucci (Cappero), Lorenzo Nidiaci (Biancone), Umberto Vezzosi (Bombolo),
Amerigo Leoncini, Quinto ed Irido Nigi, Enrico Marini, Neno Chiarucci, Oscar Lazzeri. Mi scuso se
ho dimenticato qualcuno.
Comunque F«Enciclopedia del Bracciale» riporta il nome di 24 giocatori di pallone di Poggibonsi.
Vinsero in tutti gli sferisteri e campi da gioco. Furono premiati da personaggi importanti ed osannati
come gladiatori nell'arena.
Guadagnarono somme favolose, spesso dilapidate con il gioco e le donne e solo talvolta servirono a
qualcosa di utile. Nella galleria dei tre personaggi che vedremo fra poco si evidenziano le situazioni or
ora accennate.
Con la fine degli anni Trenta il gioco del pallone andò via via diminuendo di interesse. Lo scoppio
della guerra nel 1940 fu la pietra tombale di questo sport, divenuto vero, proprio ed esasperato
professionismo. Una delle ultime partite fu giocata da Umberto Vezzosi a Livorno nel 1942 in una
notte in cui, Livorno fu illuminata dai bengala degli aerei alleati.
Ci piace ora raccontare alcuni aneddoti che mettono in evidenza i caratteri, i pregi ed i difetti di questi
professionisti del pallone.
Vincenzo Bencini detto Braccioni, classe 1845 guadagnava nel 1905, cioè a 50 anni, la favolosa somma
di £ 42 al giorno che gli permettevano di vivere in albergo e gli permettevano inoltre una carrozza
davanti all'albergo stesso per suo esclusivo uso, in qualsiasi ora del giorno.
A Firenze si serviva del ristorante «GAMBRINUS», che era il più famoso ed a Milano pranzava da «GIANNINO»
altro ristorante alla moda. Voleva un tavolo tutto per se ed un cameriere a sua disposizione. II tavolo
doveva essere ricoperto integralmente di orchidee. Vestiva impeccabilmente di bianco o di nero, dai
cappello alle scarpe, elegantissimo. Frequentava ippodromi e cinodromi giocando somme favolose.
Era circondato di belle donne che gli costavano patrimoni. Quello che via via guadagnava veniva
letteralmente speso tutto. Fini anche la cospicua dote che gli porto la moglie, in occasione delle nozze.
Naturalmente fini in miseria, ma pieno di bei ricordi.
Elemento completamente diverse era Lorenzo Nidiaci. Anch'egli aveva conosciuto tutti gli sferisteri
d' Italia. Nel 1904 vince la medaglia d'oro nel torneo di Roma, medaglia che gli venne consegnata
personalmente dai Re, Vittorio Emanuele III. Elemento morigerato, gran risparmiatore, amante della
famiglia. Lo chiamavano il Biancone perché gia a 25 anni aveva tutti i capelli bianchi. Alla fine della
camera impianto un negozio di pizzicheria. Era famosa la sua finocchiona «sbriciolona» che mandava
anche a Roma. Quindi e passato alla storia paesana come eccelso giocatore di pallone ed eccellente
norcino.
Umberto Vezzosi detto Bombolo era conosciuto dai compaesani con questo soprannome in quanto, al
momento del ritiro dall'attività di giocatore, mise un negozio in Piazza del Teatro, dove fra 1'altro
friggeva bomboloni e frittelle. Era famoso a Roma dove aveva vissuto dai 1913 al 1929 sempre per giocare al pallone. Aveva vinto numerose medaglie d'oro e premi eccezionali. Guadagnava fior di
quattrini. Era solito acquistare 12 paia di scarpe per volta, che poi regalava ad amici e parenti. Sposo
una bellissima ragazza romana e da allora si dedico alla famiglia. La caccia divenne il suo passatempo
favorite.
Vengono comunque tutti ricordati come elementi di una forza eccezionale. Non era consigliabile avere
alterchi di nessuna sorta. Si diceva allora, che avevano il pugno proibito.
Nei momenti liberi si dilettavano a sfidarsi fra di loro, per misurare la forza di ognuno. Si racconta che
nel gioco del pallone a Poggibonsi, con le spalle al Teatro, riuscivano a mandare la palla in Piazzola
(Piazza Savonarola), facendola passare sopra il tetto dell'allora Ristorante «Il Sole». E pensare che la
palla era di circa 250-300 grammi con 15 centimetri di diametro.
Battitore, spalla, terzino, mandarino. Solo ricordi.
Ma per ricordarli tutti occorrerebbe scrivere un lungo romanzo.
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Amerigo Leoncini, Iridi Nigi, Enrico Marini, Quinto Nigi, Umberto Vezzosi, Nemo Chiarucci, Lazzeri. |