Parlare di qualcosa che si identifica nel mito non solo e difficile, ma a mio avviso impossibile, a meno
che non abbia avuto la ventura di viverci dentro.
Per me parlare delle "Mille Miglia" e facile avendola vissuta, anche se solo come spettatore, fortunate
spettatore, che in questo momento, a distanza di anni, viene assalito da una considerazione che non
posso fare ameno di esporre. Ad una certa età come la mia, tutti ci si lamenta di essere nati troppo
presto e quindi di non poter godere a lungo delle ultime esperienze offerteci dalla vita. Vorrei girare la
frittata, in quanto sostengo che i giovani di oggi sono nati troppo tardi e quindi non hanno potuto
assistere ad una "Mille Miglia".
Che cos'era? Una gara automobilistica, su strade normali dell'epoca, a folle velocità per 1600 chilometri,
disputata fra grandi campioni del volante, fra più o meno illustri gentleman, fra aspiranti campioni di
tutti gli strati sociali, fra grandi case automobilistiche nazionali ed internazionali. Ed il ricordo di
questa leggenda ha dato luogo, ai giorni nostri, ad una riedizione in termini di passerella, per meravigliose
macchine dell'epoca, amorevolmente conservate da appassionati viscerali dell'auto.
Ho accennato alla corsa su strade normali dell'epoca. Strade non certo agevoli, su sterro, più adatte a
carri che a mezzi in grado di raggiungere velocità allora impensabili. La corsa stessa pero, servi a
migliorare tutta o quasi, la rete stradale, servi ad incrementare la circolazione, ad aumentare il parco
macchine. Non posso dimenticare poi, 1'interesse delle Case automobilistiche, che necessitavano di
nuovi stimoli anche per aprirsi a nuovi clienti ed a nuovi mercati. Queste sono considerazioni evidenziate
da Giovanni Canestrini, promotore della corsa ed autore della splendida pubblicazione sulla corsa
stessa.
A noi interessa assistere alla galoppata da Poggibonsi. Per la statistica vi passo 18 volte dal 1927 al 1957,
proveniente daFirenze verso Roma, negli anni prebellici, ed in senso inverse nelle edizioni del dopo guerra.
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Percorso delle Mille Miglia negli anni dal 1927 al 1930
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A Poggibonsi si vivevano quelle giornate, come del resto in tutte le città ed i villaggi attraversati dalla corsa, in un delirante entusiasmo. Gia da diversi giorni, auto in prova sul percorso, che talvolta sostavano per un rifornimento o per un paste in trattoria, servivano ad aumentare 1'aspettativa gia rilevante. Occorreva allora decidere dove assistere alla corsa. II percorso sulla via Cassia, metteva a disposizione punti di osservazione a piacere. C'era solo 1'imbarazzo della scelta. Si potevano preferire le curve del Ponte Nuovo o quelle dei ponti di Drove. Mold preferivano rimanere in paese attratti ed entusiasti del rombo fuori misura dei motori ad alti regimi, rombo che veniva esaltato fra le strette strade cittadine. L'attraversamento di via delle Conce (attuale via Trento) serviva in pieno allo scopo. Carreggiata stretta che consentiva appena lo scambio di due auto, fiancheggiata dalle alte mura della conceria e della fabbrichina ed oltre al Palazzo Piccini mentre dalla parte opposta stavano le mura del Teatro e fino ai Fossi le case di due o tre piani che il primo bombardamento ha letteralmente cancellato.
Pero il punto nevralgico era nella zona del passaggio a livello, nei pressi del Bar Orazio.
A questo punto occorre fare alcune digressioni, che mi sembrano necessarie. Nella zona del passaggio a livello, affluivano quegli appassionati provenienti dalla zona di Certaldo, Castelfiorentino, Empoli, San Gimignano; mentre al Ponte Nuovo si accalcavono quelli provenienti da Colle e da Volterra. Per il fatto che tutta la Cassia veniva chiusa al traffico normale, anche se allora piuttosto ridotto in confronto ad oggi, chiusura che avveniva, in base a precise tabelle e disposizioni, almeno un paio d'ore prima del previsto passaggio del primo concorrente. Quindi in particolare nella zona del passaggio a livello si accalcavano centinaia di persone. Ma un'altra era la ragione della preferenza per quella zona. Poteva accadere, e quasi tutti i presenti speravano proprio in questo, dicevo che poteva accadere che per 1'arrivo o la partenza di un treno, chiudendosi le sbarre, anche per poco tempo e vedremo dopo il perché, anche per poco tempo, uno o più concorrenti fossero costretto a fermarsi; in quella sospirata occasione, nonostante il servizio d'ordine, avveniva un vero e proprio abbraccio della follia, nei confronti del concorrente.
Ve lo immaginate quale soddisfazione poter vedere da vicino, addirittura toccare, un'auto da corsa o un concorrente di un avvenimento cosi importante. Quando mai, si potevano vedere o addirittura toccare tanti mostri sacri. La televisione non esisteva. Al cinema se ne potevano vedere solo qualche immagine, mentre i giornali riportavano rare rappresentazioni riferentesi a qualche Gran Premio. E pensandoci bene, quanti compravano e leggevano i giornali. Ecco perciò 1' eccezionalità dell' avvenimento. Riprenderò più avanti il racconto della corsa. Ora devo rincorrere i ricordi e perdere il meno possibile di ciò che mi resta in mente. E' questo lo scopo di queste note e quindi mi scuserete se andrò temporaneamente fuori tema.
II passaggio a livello, molta croce e poca delizia dei Poggibonsesi anche oggi, era un punto nevralgico anche allora. Sono cambiate le sbarre, attualmente comandate elettricamente, mentre allora vi erano veri e propri cancelli, enormi, pesanti e altissimi. Dico altissimi, anche se in effetti saranno stati alti un metro e mezzo. Allora li vedevo, cosi come ho detto pocanzi, quando ci si arrampicava sopra per vedere il passaggio del treno. Penso che nelle intenzioni dei dirigenti dell'Amministrazione Ferroviaria i cancelli avrebbero dovuto sostenere 1'urto di un carro armato, anziché impedire temporaneamente 1'attraversamento delle rotaie da parte di qualche barroccio trainato da cavalli oppure di un carro agricolo con una coppia di buoi. Erano questi cancelli a listelli di ferro larghi due centimetri circa e non so quanto spessi, incrociati in quadrati, solo delizia di noi ragazzini, come ho detto, per salirvi sopra.
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Percorso delle Mille Miglia negli anni dal 1954 al 1957
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Provvedeva alla chiusura di questi cancelli, un casellante in pianta stabile nel capannino a fianco, detto appunto casello e perciò detto casellante 1'incaricato. Sicuramente faceva il turno, ma per me, vedendone sempre uno sul posto, mi dava 1'impressione che quello fosse nato nel capannino e sempre avesse vissuto nel capannino e che nella vita, non aveva fatto altro che aprire e chiudere quei cancelli. Questa imprecisione mi veniva anche dal fatto, che nel capanno, che sarà stato un tre metri per due, forse qualcosa di più, vi erano due panchette, una per parte, un tavolino ed un caminetto. Proprio quest'ultimo mi rafforzava nell'opinione che uno potesse vivere sempre sul posto.
C'era di che sedersi, un tavolo per mangiare ed un fuoco per scaldarsi poteva essere sufficiente, nella mia immaginazione, a trascorrerci una vita.
Nel periodo freddo, il caminetto era sempre acceso, con ciocchi di legna, che molto probabilmente forniva l' Amministrazione. Da piccoli si hanno strane sensazioni, lo sapete. Ed a me, quel caminetto con il fuoco acceso, quando passavo di li, era cosi invitante che avrei voluto sedermi su una di quelle panchette, per stare vicino al fuoco. Ma evidentemente non ero il solo ad avere questa impressione, in quanto, probabilmente amici del casellante, sedevano talvolta a fargli compagnia. In pieno inverno mi e capitate nel passare, di sentire un gradevole profumo di salsicce arrostite. Saro una mala lingua, ma il mio naso e buono. D'altronde non credo che fosse prescritto, che la legna fornita dovesse servire solo per scaldarsi. Con il bel tempo le panchette venivano messe fuori. All'orario stabilito, orologio Roshoffo Perseo da tasca alla mano, si provvedeva a chiudere i cancelli. Naturalmente a scanso di responsabilità, anche se il treno avesse avuto più o meno minuti di ritardo. Non vi era collegamento fra il casello e la stazione. In caso di necessita si poteva raggiungere quest'ultima, con una certa celerità, usando la bicicletta, su un percorso a fianco dei binari. Devo riconoscere che talvolta si sostava a lungo davanti ai cancelli e non mi avrebbe consolato il fatto che anche in seguito, nonostante la meccanizzazione e 1'elettronica le soste sono ugualmente lunghe. Non appena passato il treno, le panchette riprendevano la loro funzione, e la conversazione riprendeva il filo del discorso. Chiedo di nuovo scusa per questa digressione dal tema principale, ma vi ritorno subito e sempre partendo dal passaggio a livello.
Voglio sperare che a Poggibonsi spetti un primato, che sarebbe quello, di aver fermato il treno per far passare delle auto. Credo comunque che ciò sia avvenuto molto raramente. L'importanza della corsa con tutti i risvolti industriali, commerciali, sportivi e propagandistico era enorme. Non dico la vittoria in assoluto, ma anche una posizione di classifica, pur nell'ambito della classe e della cilindrata poteva avere riflessi notevoli. Di conseguenza una sosta più o meno lunga dava luogo a modifiche nell'ordine di arrivò. Ed il passaggio a livello poteva dar luogo a soste indesiderate. E si penso cosi di fermare il treno anziché le auto. Curiosa situazione a mia conoscenza, unica nella storiografia del traffico stradale. Per fare quanto occorreva fu messa in atto una capillare organizzazione. Circa trecento metri prima del passaggio a livello, dalla parte di Cima Mori, quando le macchine venivano da Firenze, stazionava un incaricato con la tromba, di norma uno della Milizia, che in quei giorni era mobilitata per il servizio d'ordine con i carabinieri ed i pompieri (più tardi vennero chiamati Vigili del Fuoco) che all'epoca era dei volontari locali.
Quando una vettura scollinava la salita delle Pancole il trombettiere suonava l' allarme e scattava cosi il dispositivo previsto. Nel caso di un convoglio in transito un ferroviere con la bandiera rossa lo fermava, ed era facile, in quanto il macchinista del convoglio stesso, precedentemente ed opportunamente istruito, lo aveva fatto avanzare a passo d'uomo fino sul posto, per farlo successivamente sfilare con la massima celerità appena passata 1'auto. Devo dire che tutto procedette con piena soddisfazione degli organizzatori, mentre i più delusi furono proprio coloro che aspettavano 1'occasione per vedere una macchina ferma. Pero un po' d'emozione 1'avranno provata certamente nell'assistere al passo io, passa tu.
A queste manifestazioni non mancavano mai contorni.
Uno di questi era esaltato dal vecchio adagio "Tutti i salmi finiscono in gloria" con quel che segue. Dovete considerare che si partiva la mattina presto (mese di aprile o maggio) per non perdere il passaggio, nemmeno del primo concorrente e si rimaneva sul posto fino a sera inoltrata. Generalmente si partiva a gruppi, dopo aver discusso per giorni, dove assistere allo spettacolo. Si poteva scegliere fra vari percorsi. Ce n'erano nella nostra zona, per tutti i gusti. Curve, dossi, discese ripide, rettilinei adatti alla forte velocità, salite e rallentamenti obbligati. Ma importanti erano le cibarie, oltre i giornali con
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12 maggio 1957 - De Portago in Ferrari transita da Poggibonsi. Poco dopo a Guidizzolo per lo scoppio di una gomma causo 1'incidente nel quale perivano il pilota e numerosi spettatori. Tutto ciò determina la cessazione definitiva della gara.
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1'elenco degli iscritti e 1'ora di partenza, che dava luogo a rompicapi interminabili per stabilire, seduta stante la posizione di ognuno dei concorrenti transitati. E come spesso accade, nonostante cronometri e conteggi, non riuscivamo a sapere quello che ci interessava, se non il giorno dopo, dalla lettura dei giornali. Ma la cosa era ugualmente elettrizzante ed impegnativa. Dicevamo dei rifornimenti per bocca, che davano luogo a scambi più o meno interessati. II salame ed il prosciutto dominavano la zona, ma qualcuno sfoggiavaconigliolo fritto involto nella classica carta gialla. Era sempre una sana scampagnata con annesso spettacolo. E che spettacolo!
Vi ricordate che in uno di questo racconti vi ho parlato del Circolo delle Stanze, ospitato nei locali del Teatro dei Ravvivati Costanti. Perché vi parlo di questo circolo sul tema della "Mille Miglia". Perché i soci di questo sodalizio ebbero la brillante idea di organizzare, anziché gita con salame e prosciutto, un trasferimento giornaliero della propria sede, in località idonea e con servizi adeguati per imbandire un sontuoso pranzo e nello stesso tempo, poter assistere al passaggio della corsa. Erano si sportivi, ma soprattutto buongustai e ghiotti.
La zona prescelta, dopo accurate ricerche, fu quella della seconda curva dei Ponti di Drove. La casa, quella della famiglia Signorini, proprio sulla seconda curva. Questa si prestava in maniera perfetta, avendo una stanza grande al primo piano con due finestre d'angolo, una rivolta verso la salita del Cipressino e 1'altra che guardava verso le Pancole. Permettevano perciò, questi due punti di osservazione, fra un boccone e 1'altro di controllare quanto avveniva. Appena si percepiva il rombo di un motore di una vettura che si precipitava, giù per la discesa di San Martino, si affacciavano tutti quanti alle due finestre finche la macchina scompariva, imboccando la discesa delle Pancole. Rimaneva nell'aria il gradevole profumo, almeno per i miei gusti, dell'olio ricinato bruciato dai motori, prodotto che ho sempre considerate un "olio di elite " in quanto usato in particolare per vetture e motocicli da corsa. Mescolato al profumo delle pappardelle sulla lepre o dell'arrosto di tordi o di maiale, veniva fuori un cocktail inimitabile, inconfondibile e credo irripetibile.
Ma quello che avvenne in una edizione della corsa non ricordo 1'anno, fu proprio la classica ciliegina sulla torta. Una vettura si fermo per un guasto, proprio davanti alla casa Signorini. Fu tolta dalla strada per sicurezza e riparata nel cortile. I due piloti furono letteralmente sollevati dalla macchina e quasi portati in trionfo, su per le scale, davanti a tutto quel ben di Dio che vi ho descritto. Forse questa accoglienza li avrà ripagati dalla delusione del ritiro.
Un altro ricordo personale si riferisce al 1931. Avevo 11 anni e stavo andando, accompagnato da un cugino più grande, in Cima Mori per assistere al passaggio della corsa. Giunti al bivio per Castellina udii un rombo improvviso e violento, come se oggi piombasse su di noi un aviogetto. Vidi un bolide bianco che divorava la strada, mentre il frastuono aumentava con I'aumento dei giri del motore in accelerazione, favorite dalla pendenza della strada. Ebbi cosi tanta paura che lasciai la mano del mio tutore e mi precipitai verso la casa del Gambassi.
Trovai la porta aperta e di colpo piombai in cucina al primo piano. Ho saputo dopo che la vettura in parola era la Mercedes del campione Caracciola, un 12 cilindri di 7000 centimetri cubi di cilindrata, pensate un po1, con i tubi di scarico diretti, cioè senza marmitta e silenziatori, che provocava quel po po di trambusto.
Tra parentesi, quell'anno proprio quel bolide bianco che mi aveva fatto tanta paura, vinse la sua prima
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4 maggio 1952 - Kling in Mercedes 300 SL, 2° assoluta sulla salita del Cipressino
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ed unica "Mille Miglia". Ho rivisto, pochi anni fa, quella vettura in un museo. Osservandola, mi sono passati nella mente tutti gli anni della corsa, come in un film. Gli anni della giovinezza e della passione per i motori. Un binomio che auguro a tutti di poter vivere. Per molti sarà difficile, ma per tutti sarà impossibile rivivere quella scampagnata con spettacolo. Ripeto e che spettacolo. La "Mille Miglia".